Un po’ per scherzo, rispondo spesso che sono diventato pasticcere perché non volevo sporcarmi le mani e prendere freddo quando mio padre mi chiedeva di aiutarlo con i lavori nella fattoria di famiglia durante le vacanze.
A dieci anni, preferivo di gran lunga stare in casa con mia madre a cucinare.
Ben presto il mio interesse si è fissato sui dolci: il gateau marbré e il clafoutis aux pommes erano i miei preferiti. Mi ricordo benissimo il piacere nel separare il tuorlo del albume, nell’annusare il profumo semplice dell’impasto!
Al primo bivio scolastico, dopo uno stage nella pasticceria di La Tessoualle, il mio paese nella Loira, orientarmi verso un apprentissage in pâtissierie-chocolatierie fu naturale.
Avevo sedici anni quando ebbi la fortuna di iniziare a scoprire la pasticceria nel laboratorio “Le Palais d’or” a Cholet. Lì imparai a confrontarmi con il mondo del lavoro, degli adulti, a conoscere un mestiere e ad amarlo nonostante degli orari e dei ritmi difficili per un adolescente.
Monsieur Levesques, grazie alla sua grande competenza professionale e pedagogica, ha saputo trasmettermi dei valori importanti: il rigore, la precisione, il gusto, la tecnica, la continuità, l’umiltà e anche l’ironia!
Dopo due anni, il primo diploma: il CAP Pâtissier-Chocolatier-Glacier-Confiseur. Continuai ancora due anni nella stessa pasticceria per ottenere anche la specializzazione in cioccolateria.
Imparai a lavorare artisticamente lo zucchero e il cioccolato e soprattutto mi accorsi di una cosa: il mio lavoro mi divertiva e mi stimolava.
Dopo questi anni felici, un incontro che definisco fondamentale per tutto il resto del mio percorso, della mia vita: Parigi.
Molte delle opportunità che ho avuto nella vita hanno un collegamento con Parigi e le persone che ho incontrato nella apitale. Ancora oggi rimane una fonte di amicizia e di enorme ispirazione lavorativa. Fui assunto in una delle più famose pasticcerie dell’epoca: la pâtisserie Peltier, che oggi non esiste più.
Parigi fu un’apertura al mondo. Confrontarsi, lavorare, imparare e semplicemente vivere con dei professionisti dagli orizzonti diversi mi ha dato tanto, sia per la mia vita, sia per la mia professione.
Vivere e lavorare a Parigi ha sviluppato il mio desiderio di indipendenza, la mia voglia di scoprire, viaggiare, incontrare nuove persone.
In quei tre anni parigini ottenni il diploma di “Maitrise de pâtissier-chocolatier”, titolo che permette di insegnare negli gli istituti professionali.
Per rispondere ai miei “obblighi civili” lavorai anche dieci mesi nel ristorante dell’Eliseo, dove mi avvicinai alla pâtisserie de restaurant, rafforzando però la convinzione che la mia strada era nella pâtisserie de boutique.
Anche se la tentazione di rimanere era forte, il mio istinto mi portò a cambiare città e ad accettare una proposta di lavoro in Costa Azzurra.
Come per Parigi, fu una scoperta, una nuova avventura professionale e umana.
Rimasi un anno nella pasticceria Cottard ad Antibes, dove ebbi modo di confrontarmi con una realtà molto diversa. Due volte finalista al concorso Meilleur Ouvrier de France, Monsieur Cottard mi ha insegnato tantissimo non solo dal punto di vista tecnico, ma anche da quello della gestione del lavoro e dell’impresa.
Il rigore e il gusto sono sempre stati il filo conduttore di queste diverse esperienze, ma più che mai in questa esperienza mediterranea li ho trovati accompagnati ad un naturale istinto verso il divertimento e l’ironia che corrisponde molto al mio carattere.
L’altro aspetto di questa esperienza antiboise fu la scoperta e il colpo di fulmine per il Mediterraneo, il suo clima, il mare e il sole. Non li ho più lasciati!
Quando, grazie ad alcune amicizie parigine, mi è stato proposto un lavoro in Italia, a Genova, la mia scelta è stata facile.
Non so se sia l’Italia ad avermi adottato o se sono io a essermi adattato, ma integrarmi è stato assolutamente naturale: ho trovato rapidamente un equilibro che, piano piano, mi ha fatto dimenticare le mie continue esigenze di cambiamento.
Genova, la sua riviera, il suo clima, i suoi ritmi, la sua storia, i genovesi e gli italiani mi hanno fatto sentire a casa.
Ho trovato una qualità di vita di cui forse avevo bisogno in quel momento.
E quel momento, per fortuna, dura da 12 anni.